- Rubrica a cura di Don Carmine Ventrone
“In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli”.
Il brano evangelico della seconda Domenica del Tempo Ordinario ci porta a Cana di Galilea, all’interno di una festa di nozze e, come ci ricorda l’evangelista Giovanni, sono invitati anche Maria e Gesù.
“Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela»”. Mentre la festa procede allegramente finisce il vino e questo rischia di rovinare il clima di allegria e la reputazione degli sposi. Ma li c’è Maria che ha occhi attenti sulle necessità degli sposi di Cana e, oggi, su ciascuno di noi. La madre, e ogni madre, sa sempre trovare la giusta soluzione. Si avvicina a Gesù e gli comunica che il vino per la festa è finito. La domanda di Gesù alla madre ha suscitato tante riflessioni una tra queste legata alla stessa missione del Figlio di Dio già preannunciata anni addietro nel tempio dallo stesso Gesù a Giuseppe e Maria “non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (Lc 2,49).
La preoccupazione di Gesù è quella di affrettare i tempi rispetto al progetto del Padre ecco perché afferma “non è ancora giunta la mia ora”. Gesù aspetta un segno e gli viene indicato propria dalla madre. Non è tanto il miracolo ma la presenza di Gesù e di Maria a rendere la festa di nozze ben riuscita. Maria non si sostituisce a Gesù ma indica nel figlio colui che dobbiamo seguire. Ancora oggi la Vergine Maria ci presenta il Figlio Gesù e ci invita ad accogliere la sua Parola.
“Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono”. Inizia la fase preparatoria. Prima cosa individuare il vuoto che si crea nel momento in cui l’amore di Dio non viene accolto; riempire il vuoto con la misericordia di Dio e presentarsi davanti a Gesù. Lui trasformerà il peccato in perdono, la tristezza in gioia e lo scoraggiamento in fiducia. Lasciarsi riempire da Lui attingendo dalla Parola di salvezza del Vangelo. Il vuoto è la conseguenza dell’assenza di Dio nella vita e il rischio maggiore è andare alla ricerca di altro per riempiere questo vuoto. Il salmo 62 così recita: “Solo in Dio riposa l’anima mia; da lui la mia salvezza. Lui solo è mia rupe e mia salvezza, mia roccia di difesa: non potrò vacillare”(vv. 2-3). Riempire il vuoto con Dio per poter portare agli altri Dio.
“Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora»”. Il maestro di tavola, colui che dirige il banchetto, assaggia non l’acqua ma il vino, cioè il segno compiuto da Gesù, e subito si rivolge allo sposo con un’annotazione e/o rimprovero sulla sua scelta: “hai tenuto il vino buono per il finale”. Sembra un rimprovero inutile che può rovinare la festa ma in realtà rappresenta l’immagine di un mondo che all’inizio ti presenta tutto bello e appetitoso ma poi, una volta storditi, tutto invecchia e diventa stantio e di bello non ce più nulla. Il vero “vino buono” lo troviamo solo in Dio, il quale non ci stordisce ma ci invita al banchetto nuziale dell’eternità.
“Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”. L’evangelista Giovanni con questo segno delle nozze di Cana ci indica tre importanti conseguenze: la consapevolezza che lo sguardo di Dio, insieme a quello di Maria, è posto su ciascuno di noi non per giudicare ma per amare perché Lui è Padre; solo in Gesù troviamo la ragione della vita terrena per la vita eterna perché “la gloria di Dio è l’uomo vivente, e la vita dell’uomo è vedere Dio” (Sant’Ireneo di Lione, II secolo); tutto questo sfocia in una fiducia reciproca e smisurata che deve portare a lasciarsi andare fidandosi di Dio perché è giunta “l’ora” di accogliere e fare la sua volontà. In fondo credere è incrociare lo sguardo di Dio e renderlo vivo nelle azioni. Buona domenica.


