Calcio

In C più società sull’orlo del precipizio, ma a Caserta si contesta l’operato di D’Agostino

Taranto, Turris, Messina, Lucchese, solo per citarne alcune, ma la situazione appare molto più complessa in tutta la terza serie. Oggi come oggi avere una società solida non è cosa da poco e la Casertana, lo si voglia o no, è tra queste.

Ormai è cosa nota: Taranto e Turris sono già in D, il Messina rischia una penalizzazione dai quattro ai sei punti che la condannerebbe, salvo miracoli, ad una sicura retrocessione. La Lucchese nel girone B, in piena zona play out guarda con serie preoccupazioni al futuro prossimo. Insomma su quanto sta accadendo in queste ore, anche se era già prevedibile ad inizio stagione, può chiarire le idee a chi, invece, nel nostro capoluogo preferisce criticare a spada tratta.

Programmare una gestione più oculata anziché investire in spese faraoniche può rivelarsi una scelta ponderata e lungimirante. Forse non condivisa dai tanti che vorrebbero la propria squadra in lotta per ben altri obiettivi, ma bisogna convenire che, fare di necessità virtù in momenti economici particolarmente delicati, può servire a salvare capre e cavoli. Se solo si guardasse al nostro girone dove Avellino, Benevento, Trapani e Catania, ma non solo hanno investito fior di quattrini per poi ritrovarsi dietro a compagini meno blasonate ma con una serie programmazione alle spalle, spiega molte cose. Certo, di errori ne sono stati fatti, ma solo chi non opera non sbaglia. E i numeri lo confermano.

La Casertana sta vivendo sul campo una stagione tutt’altro che gratificante: zona play out con conseguenziale esonero del diesse Trevisan autore di una campagna acquisti non all’altezza del progetto nonostante gli oltre tre milioni di euro spesi a luglio dalla dirigenza, e del tecnico Iori, si è dovuto ricorrere ai ripari col rinnovo dell’intero staff tecnico, e non solo.

D’Agostino ha voluto alla sua corte Carlo Taldo e Massimo Pavanel nei ruoli rispettivamente di diesse e allenatore che, con il mercato di riparazione hanno voluto, e dovuto, dare una nuova fisionomia alla squadra. Ma al di là dell’aspetto meramente tecnico di cui si è a conoscenza, ciò che conta in questo momento è la solidità della società.

La Casertana non risulta nel novero delle compagini in difetto con le spettanze economiche verso i propri dipendenti e, di questi tempi, è già una buona notizia. Certo, la delusione che monta nell’ambiente per un campionato tutt’altro che esaltate va compresa. Così come il malessere per il mancato avvio dei lavori per la costruzione del nuovo Pinto più volte paventato e, ad oggi, ancora tutto da decifrare.

Vero è che la Casertana è un bene della città e dell’intera provincia, ma a metterci la faccia e il portafoglio è stato solo e soltanto che, in questi anni di dirigenza si è accollato oneri e onori non da poco. Unico uomo al comando al cospetto di una imprenditoria locale del tutto apatica e disinteressata alle sorti della prima squadra della città locale, il patron rossoblù ha dovuto fare di necessità virtù per assicurare la continuità in questa categoria.

Continuità non ancora assicurata, beninteso, a questo punto della stagione, ma le vicissitudini di Taranto, Turris e Messina, lasciano le porte aperte a rinate speranze e progetti futuri. Alla fine la Casertana, ne siamo certi, rimarrà nel calcio che conta e sempre lui, il presidente D’Agostino avrà avuto ancora una volta regione, a dispetto di tanti gufi e denigratori pronti a banchettare sulle disgrazie altrui. Ma questa è un’altra storia.

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