- Rubrica a cura di Antonio Citarella
Ritengo che accanto ai religiosi che, in nome di Dio, si occuparono di organizzare l’assistenza dei malati quali S. Giovanni di Dio e San Camillo de Lellis sia giusto collocarne un altro, non meno grande dei precedenti, cioè Vincenzo de’ Paoli fondatore dell’ordine delle Figlie della Carità. Vincenzo nacque nel 1576 in Francia a Pouy un borgo contadino oggi Saint Vincent de Paul. Era il terzo figlio di un contadino Jean Depaul e visse in campagna facendo il pastore fino all’età di dodici anni. La sua famiglia lo indirizzò verso il sacerdozio che rappresentava, all’epoca, l’unica possibilità di promozione sociale per le classi inferiori. Studiò presso i Francescani di Dax; fu ordinato sacerdote nel 1600 e conseguì la laurea in teologia nel 1604. Nel 1617, dopo un periodo di dure prove interiori sulla fede, iniziò un’intensa azione pastorale tra i poveri che Egli riteneva abbandonati spiritualmente e trascurati da un clero ignorante ed inefficiente. Il 20 Agosto del 1617, nella parrocchia di Chatillon-le Dombes nei pressi di Lione ove esercitava il suo ministero, venne a conoscenza dell’estrema indigenza di una famiglia. Egli invitò, perciò, la popolazione ad essere solidale verso questi fratelli sfortunati e la gente rispose con generosità.
Per risolvere altri casi simili pensò di istituire una Confraternita per le opere di carità. Nacque perciò il 23 agosto dello stesso anno la Compagnia della Carità per rispondere alle due povertà che spesso si trovavano insieme in un indigente: quella spirituale e quella materiale. Nel 1625 fondò poi la Congregazione della Missione per dedicarsi alle missioni popolari o ad altre iniziative come l’assistenza ai condannati alle galere e, finalmente, nel 1633 fondò l’ordine delle Figlie della Carità che svolsero la loro missione negli Ospedali. Le sue esperienze precedenti gli avevano rivelato che le donne erano maggiormente disponibili, rispetto agli uomini, ad accogliere iniziative in favore dei poveri. La confraternita perciò fu costituita con la partecipazione di donne sposate e ragazze nubili che avevano avuto regolare permesso, da parte dei padri o dei mariti, a parteciparvi. A capo di questa organizzazione vi era una superiora, una tesoriera e una guardarobiera. Le suore dovevano elemosinare per procurare vitto e medicine necessarie agli ammalati. Quando la Congregazione fu approvata dalle autorità religiose, Vincenzo volle che anche in altre parti del paese si formassero gruppi di volontari per l’assistenza ai malati. Avvenne così che moltissimi ammalati che non avevano ricovero negli Ospedali per mancanza di posti letti fossero accolti e curati dalle Figlie della Carità. Queste donne, chiamate per rispetto Dame, erano per la maggior parte sposate. Vincenzo si rese conto però che il loro dovere di spose poteva distrarle dalla cura dei malati. Decise perciò di istituire una Congregazione di Figlie della Carità che si occupasse a tempo pieno dell’assistenza ai malati. Il Regolamento di questa pia istituzione cominciava con le seguenti parole: Questa Confraternita è istituita per onorare il Nostro Signore Gesù Cristo e la sua Santa Madre e per assistere i poveri malati nei luoghi dove viene formata, tanto nel temporale che nello spirituale; temporalmente coll’amministrare loro quello che basti al vitto giornaliero e le medicine indicate; spiritualmente facendo loro amministrare i Sacramenti. La prima sede di questa istituzione fu la parrocchia di S. Salvatore a Parigi. Successivamente fu trasferita nel villaggio della Chapelle ed infine nel sobborgo di St. Denis. Le giovani che venivano accolte nella Congregazione venivano sottoposte ad una preparazione che le abituasse al contatto con gli ammalati, soprattutto a sopportare la ripugnanza che alcuni di questi provocavano. Gli ammalati dell’epoca erano infatti rifiuti umani, sudici e abbandonati da tutti. Il fetore che emanavano era insopportabile. Il loro aspetto diventava più sgradevole se presentavano ulcerazioni cutanee, piaghe o erano affetti da altre patologie che determinavano disfacimento del corpo. Spesso venivano abbandonati per le strade. Chi si occupava di ammalati sapeva che il grande sacrificio che faceva nell’assisterli gli avrebbe però procurato grandi meriti presso Dio.
Nella Congregazione di Vincenzo de’ Paoli vennero accolte quelle giovani che non desideravano sposarsi e non avevano la disponibilità economica per farsi accogliere in un qualsivoglia ordine religioso. Vincenzo ebbe cura di affidare alle più anziane l’assistenza dei malati che richiedeva una maggior esperienza e alle più giovani lavori meno faticosi. Le suore dovevano avere una conoscenza di medicina, perché veniva loro richiesto non solo una competenza nell’assistenza dei malati ma anche una certa esperienza nella preparazione di farmaci e una conoscenza dei sintomi con i quali le malattie si manifestavano. Per curare, quindi, i malati egli impiegava un personale volontario ma non privo di qualificazione. E ciò rappresenta un elemento di straordinaria modernità. Con il passare del tempo le suore furono divise in base alle loro competenze e a seconda del luogo dove esercitavano il loro ministero: vi erano quelle che assistevano i malati presso il loro domicilio; quelle che operavano nell’Ospedale Hotel Dieu di Parigi; quelle che operavano nelle carceri e quelle che esercitavano nelle varie medicherie ed ospedali delle città più piccole e nei villaggi.
Come si vede l’organizzazione assistenziale era estesa e capillare. Non vi era nessun settore scoperto. Anche l’assistenza domiciliare, di cui oggi tanto si parla e che viene sbandierata come una conquista moderna al punto che alcune A.S.L. ne hanno fatto un segno di distinzione quasi un fiore all’occhiello, era invece già una realtà del diciassettesimo secolo. Ciò grazie all’opera di volontari religiosi che gratuitamente e per amore di Dio curavano le malattie del corpo e le devastazioni che queste creavano nell’anima dei malati. Lo facevano con amore e carità come quelle pie donne che seguendo l’insegnamento di Vincenzo de’ Paoli si erano consacrate interamente ai malati. Dopo la morte avvenuta nel 1660 Papa Benedetto XIII lo proclamò beato il 13 agosto 1729 e fu poi canonizzato da Clemente XII il 16 giugno 1737.
Per concludere questo scritto mi sembra doveroso ricordare che le opere vincenziane furono numerose e non si limitarono soltanto all’assistenza degli ammalati. Nel 1636 S. Vincenzo de’ Paoli mandò dei missionari come cappellani nell’esercito ed organizzò soccorsi alle popolazioni della Lorena, Piccardia, Champagne e Ile –de France, sconvolte dalle guerre di religione che per tanti anni avevano insanguinato la Francia. Non si può non ricordare che il nostro Santo, autentico apostolo della carità, fu il primo ad occuparsi in Francia ed in Europa dell’infanzia abbandonata e sua fu l’idea di costituire dei brefotrofi che realizzò grazie al concorso di tanti benefattori.
E’ giusto poi che si sappia che ancora oggi la Famiglia Vincenziana è numerosa. Ne fanno parte i Gruppi Volontari Vincenziani, i Padri della Missione e le Figlie della Carità. La Società di S. Vincenzo de’ Paoli, fondata nel 1833 a Parigi, opera in 190 Paesi con 40.000 gruppi di confratelli che hanno il nome di conferenze. In Italia ci sono 2200 conferenze con circa 26.000 confratelli. La società di S. Vincenzo de’ Paoli si propone innanzitutto di rimuovere le cause che generano i vari tipi di povertà e di aiutare poi quanti mancano di mezzi economici per vivere; soffrono di solitudine; sono ammalati o portatori di handicap; hanno bisogno di assistenza per le varie necessità della vita o sono carcerati.

