I Santi Medici

Un Medico famoso: S. Ciro

Caserta (Antonio Citarella). E’ difficile parlare dei Santi medici perché le notizie che li riguardano spesso sono incerte e leggendarie. Non sempre si capisce se il Santo che viene preso in considerazione sia stato veramente un Medico o se, invece, questo appellativo gli sia stato attribuito dalla tradizione nata da una qualche circostanza, a volte anche apparentemente insignificante, in cui è stato usato il termine di Medico. Come già riferito in altre circostanze su questa rubrica, Adalberto Pazzini nel suo volume “I Santi nella Storia della Medicina” scrisse, a questo proposito, che il Santo Ursicino fu considerato medico dalla tradizione soltanto perché S. Vitale, nel mentre lo conducevano al martirio nella città di Ravenna, lo apostrofò dicendo: O Ursicino tu che curasti tanti, cura te stesso della ferita mortale dell’anima. E’ giusto chiedersi, quindi, quale fosse in quell’epoca il significato che veniva dato alla parola medico cioè quello di un operatore che curava i mali fisici o, invece, uno che curava i mali dell’anima? Gli agiografi mettono comunque in evidenza il fatto che il medico, secondo la tradizione, era colui che guariva gli infermi grazie ad una facoltà speciale che gli proveniva dal Cielo. Le guarigioni miracolose avvenivano immediatamente dopo aver fatto sul paziente un segno di croce o averlo semplicemente toccato. I miracolati per lo più si convertivano e qualche volta diventano anche martiri. Alcuni Santi medici prima di convertirsi al Cristianesimo o prima di entrare nella fase della santità studiarono la medicina ed ebbero dei maestri. Il medico S. Pantaleone ebbe Eufrosino come Maestro e S. Taleo ebbe invece Macario. Spesso però i Santi medici non studiarono mai la Medicina. Questa disciplina veniva, infatti, considerata non come attività umana ma come attività divina nel senso che era Dio l’artefice delle guarigioni e non il trattamento al quale erano sottoposti i pazienti da parte di medici che, nella loro attività, sfruttavano le conoscenze scientifiche dell’epoca.

Secondo quanto ci è stato tramandato, S. Ciro fu un medico di professione e per giunta famoso. Ce lo conferma S. Sofronio, patriarca di Gerusalemme, che è stato il suo primo biografo. Qualcuno pensa, invece, che i dati biografici di S. Ciro siano incerti perché non documentabili ma tramandati dalla tradizione che spesso è leggenda. S. Ciro e S. Giovanni vennero santificati perché, dopo il martirio al quale furono sottoposti, operarono molte guarigioni mediche e ciò fu sufficiente per attribuire loro la professione di Medici mentre erano in vita. Ciro e Giovanni rappresentarono un binomio che superò l’altro, formato da Cosma e Damiano, per il numero dei miracoli operati. I miracoli loro attribuiti pare che siano stati settanta divisi a gruppi a seconda se fatti in favore degli alessandrini, dei libici o degli stranieri. Anche S. Sofronio sarebbe stato miracolato perché guarito da una grave malattia agli occhi.

Secondo la biografia che questi ci ha lasciato, Ciro nacque in Alessandria alla fine del terzo secolo. Quivi compì gli studi che lo avrebbero poi portato a diventare medico. Fu un medico famoso e utilissimo a tutti. Insegnava che le malattie dell’anima sono le più gravi perché sono quelle che nuocciono al corpo generando altre malattie più pericolose. Temendo la persecuzione di Diocleziano, Ciro fu costretto ad abbandonare Alessandria e si rifugiò in Arabia. Qui vestì l’abito di monaco ed abbandonò l’arte medica ma continuò ad operare guarigioni miracolose. Da medico dei corpi diventò solo medico taumaturgo e medico delle anime. La fama dei suoi miracoli attirò al suo eremo un soldato, tale Giovanni di Edessa che diventò suo discepolo. Insieme a Giovanni fu martirizzato con la decapitazione sotto il regno di Diocleziano nell’anno 303. Nei cento anni successivi la fama dei due Santi martiri, arricchitasi di nuovi episodi e di altri miracoli, si diffuse oltre i confini dell’Arabia. Dopo più di un secolo dal loro martirio nel 414 il vescovo di Alessandria S. Cirillo ebbe in sogno una visione che gli indicò il posto dove erano conservate le reliquie di Ciro e di Giovanni di Edessa. Queste furono portate a Menunthis nell’antico tempio di Iside che fu così trasformato in un tempio cristiano. Molti secoli dopo, a causa delle frequenti incursioni che gli infedeli fecero nel tempio, si capì che le reliquie non erano al sicuro. Fu così che nel dodicesimo secolo i monaci Grimoaldo e Arnolfo, consigliati in sogno, portarono le reliquie a Roma.

Essi ci hanno lasciato una preziosa testimonianza con una relazione il cui originale è andato perduto quando nel 1298 Bonifacio VIII° la fece restaurare e rilegare. Fortunatamente ne esiste una copia nella Biblioteca Vaticana. I corpi dei due martiri furono successivamente portati a Roma e custoditi nella Chiesa fuori Porta Portese da Teodora, vedova dell’Imperatore Giustiniano, in onore di Santa Prassede. Molto tempo dopo, nel diciassettesimo secolo durante il pontificato di Paolo V, le reliquie furono portate a Napoli nella Chiesa del Gesù Nuovo. Le notizie che ci ha lasciato S. Sofronio consentono di capire che, fino alla morte del Santo, l’attività medica si svolgeva presso dei veri e propri centri medici con annesse scuole di Medicina. Questi, successivamente, diventarono anche luoghi di culto ove si curavano le malattie secondo le conoscenze scientifiche dell’epoca. Qui vi erano, infatti, medici che curavano i pazienti somministrando loro dei medicamenti con i quali spesso guarivano. S. Sofronio però non amava questi medici. Li considerava, infatti, buoni medici ma cattivi cristiani. Egli infatti aveva interesse a sottolineare l’aspetto miracolistico della medicina rifiutando i rimedi tradizionali. A questo proposito si narra di un certo Paolo che soffriva di violente cefalee. A questi S. Ciro avrebbe consigliato di uscire dalla porta della Chiesa e di offrire un fischietto alla prima persona che avrebbe incontrata. Il paziente rimase perplesso e tardava ad eseguire quanto gli era stato consigliato. Alla fine, dopo che il Santo gli ribadì con forza quello che gli aveva detto, uscì dalla Chiesa ed offrì il fischietto ad un soldato romano che passava di là. Questi sentendosi offeso gli assestò sul capo un colpo di bastone procurandogli una ferità dalla quale uscì non solo copioso sangue ma anche un gran numero di vermi che erano la causa della sua cefalea. Paolo fu quindi guarito per la sua fede.

Se vogliamo dare una spiegazione scientifica a questo episodio dobbiamo pensare che la fuoriuscita di sangue dalla ferita abbia potuto decongestionare il circolo sanguigno del cervello del paziente provocando un miglioramento del suo mal di testa. Per quanto riguarda poi i vermi è possibile ipotizzare che questi parassiti fossero la causa dei malanni di Paolo. Vi erano, infatti, in quell’epoca tante patologie dei paesi caldi sostenuti dai vermi. Il parassita più frequentemente responsabile di queste patologie era la filaria. La malattia descritta da S Sofronio pare che fosse un’infestazione da larve di mosche simili a piccoli vermi. Per concludere vorrei osservare che S. Ciro è un Santo tanto lontano da noi per l’epoca in cui è vissuto eppure il suo culto è ancora molto vivo e sentito, specie nella nostra Campania. Non vi è dubbio che ciò sia avvenuto perché nella Chiesa del Gesù Nuovo sono conservate le reliquie del Santo che hanno determinato la nascita di un’associazione di medici che si riunisce proprio nel giorno della sua festa. Alla processione che si celebra in questo giorno partecipava anche il Santo Giuseppe Moscati che, spesso ed a lungo, si fermava a pregare ai piedi della tomba del suo celebre collega. E’ infatti ritratto in un’immagine mentre prega inginocchiato davanti a S. Ciro.

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